Ma cosa ne sappiamo noi ricchi di denaro, ma non di amore?
- martinacorti5
- 5 set 2018
- Tempo di lettura: 3 min
SANTA CRUZ LA LAGUNA - LAGO ATITLAN - GUATEMALA

Non ho parole per descrivere la sensazione che ho provato a camminare tra le stradine in salita di questo piccolo villaggio sul Lago Atitlan. Sono arrivata con la barca, vista meravigliosa della natura che lo circonda, ed ho cominciato a salire la strada principale attraversando in seguito piccoli vicoli e scale tra le casette del paesino. Parecchie case in costruzione, una speranza per gli abitanti del posto che sono tanto ricchi, ma sicuramente non di denaro. Qualche sguardo curioso di ragazzine guatemalteche in procinto di andare a scuola, di signore che trasportano frutta, verdura e altri materiali in cesti posati sul loro capo come fossero leggeri come una mela, di mamme che passeggiano con i loro bimbi avvolti in colorate fasce. Mentre cammino lentamente per poter osservare ogni minimo dettaglio, incrocio cani affamati, tacchini, galline e di tanto in tanto sento il gallo cantare. Continuo a camminare incredula ai miei occhi e qualche volta mi volto ad ammirare la vista sul lago che man mano che salgo diventa sempre più stupefacente. Il lago Atitlan circondato dalle montagne e dal vulcano potrebbe essere tranquillamente considerato una delle meraviglie del mondo.
Un uomo siede dando le spalle alla strada ma lo sguardo alla meraviglia sottostante e incinta un canto, un bambino corre e mi guarda con gli occhi spalancati. Ma chi è questa ragazza vestita con dei pantaloni senza lo stesso abito tipico indossato da ogni donna a lui familiare? Penso si stia chiedendo. Mentre io mi domando, invece, dove sia la sua mamma. Sorride timidamente e mi consente di scattargli una foto. Un momento che in realtà ricorderò con il cuore, più che con uno scatto.
Incontro una signora molto anziana che affaticata si siede su un gradino, non risponde al mio “buenos dias”, ma mi osserva masticando qualcosa; chissà cosa sta pensando, mi chiedo, e ancor più mi domando chissà come è stata la sua vita su questa collina. Provo ad immaginarmela, una donna forte che ha cresciuto tre o quattro bambini lavorando duramente e lottando ogni giorno per poter dare loro del cibo. Chissà come pensa che sia il mondo, lei, che sicuramente non ha mai avuto la possibilità di uscire dal suo Paese. Qui sento un buco allo stomaco e non posso fare altro che ricordare a me stessa quanta fortuna abbia a poter camminare con i miei piedi in questo villaggio e vedere con i miei occhi quello che per loro è l’unico modo di vivere che conoscono. Cosa ne sappiamo noi ricchi di denaro, ma non di sorrisi, di cosa significa abitare in una casa di legno, anche quando piove forte. Cosa ne sappiamo noi ricchi di denaro, ma non di comprensione, di cosa significa coltivare le nostre verdure, i nostri cereali e il nostro caffè e faticare fisicamente giornate intere per il nostro raccolto. Cosa ne sappiamo noi ricchi di denaro, ma non di amore, cosa significa crescere i nostri bambini con la consapevolezza di non poter regalare loro un futuro semplice, un futuro dove poter vivere senza dover lottare ogni giorno per quello che per noi è più scontato e talvolta di troppo, il cibo. Cosa ne sappiamo noi ricchi di denaro e di apparenti problemi, di cosa significa crescere sulla strada, dormire in un piccolo locale con la famiglia intera e lavare noi stessi e i nostri panni a mano con una quantità d’acqua limitata. Non ne sappiamo nulla in realtà e non lo sappiamo perchè abbiamo la fortuna di vivere in una casa pulita e perfetta, con i nostri confort e di poter sprecare, acqua, cibo e tempo. Vorrei poter donare loro tutto ciò che possa farli sentire tranquilli e sicuri di condurre una vita senza la paura di morire, di fame o malattie, e in cambio vorrei poter rubare loro la semplicità dei loro sorrisi e portarla nella nostra vita per calmare quell’ego che ci fa sentire delle persone forti perchè resistiamo ad infinite giornate lavorative. Le stesse giornate che ci portano ad aspettare ogni volta la fine di esse per poterci godere la nostra famiglia; e per ricordarci che non siamo noi i veri guerrieri, ma sono loro, la forza, la gratitudine e l’amore.
Discendo le stesse strade per raggiungere la stessa barca che mi ha portata fin qua, una barca che prenderò con le stesse gambe, ma con un cuore diverso, colmo di rabbia per le enormi disuguaglianze che ci sono nel mondo, ma anche colmo di affetto per aver ricevuto in regalo sorrisi curiosi e amichevoli da questi piccoli di statura, ma enormi di cuore, abitanti guatemaltechi.
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